Attraverso degli esperimenti, Vittorio Gallese, neuroscienziato che ha partecipato alla scoperta dei neuroni specchio e Michele Guerra, esperto di cinema hanno indagato la correlazione tra emozioni e tecniche di ripresa.
Per cominciare, hanno provato che, anche quando guardiamo il gesto di un attore in un film, vengono stimolate le stesse aree del cervello che si attivano quando siamo noi stessi a svolgere quell’azione. Ecco perché i film ci coinvolgono: il nostro cervello reagisce come se stesse osservando la realtà. A seconda della tecnica usata dal regista, “si entra” di più nel film perché empatizziamo meglio con le vicende dei personaggi. Perciò si è indagato cosa accade se la telecamera viene mossa in modi diversi o se il film viene montato in modo differente».
Hanno mostrato ad un campione di spettatori alcune scene utilizzando quattro diversi tipi di movimenti di macchina, mentre 128 elettrodi misuravano l’attività dei loro neuroni utilizzando l’elettroencefalografia ad alta densità.
La stessa scena (un attore davanti a un tavolo che afferrava alcuni oggetti) era stata ripresa:
- in modo statico con la telecamera fissa;
- zoomando sull’attore;
- muovendo la camera sul carrello;
- utilizzando la steadicam, quel supporto meccanico che permette all’operatore di “indossare” la telecamera muovendosi liberamente.
Risultato? L’uso della steadicam attivava molto di più il meccanismo dei neuroni specchio rispetto al carrello o al movimento della lente con lo zoom. E anche i soggetti interrogati hanno confermato che le scene nelle quali si erano immedesimati di più erano quelle realizzate con la steadicam.
